È la storia di un bambino che, all’età di sei anni, nel 1959, parte da Brancaleone, un paesino della Calabria, per Milano. Sul treno per Milano sogna tutta la miseria che aveva attraversato la sua vita. L’impatto con la grande città lo porta a pensare al suo paese, ma soprattutto ad alcuni abitanti di Brancaleone riconosciuti per lo più per i loro soprannomi. Personaggi, per lui, con una storia interessante alle spalle. Tra questi c’era Compare Santo, un pastore che aveva avuto dei rapporti sessuali con una pecora, scoperto da altri pecorari, da quel momento fu chiamato da tutti “Compare Futti Bee”. Carmeluzza, detta “Manuzza”, così chiamata perché fu vista in campagna, che accarezzava la quinta gamba dell’asinello; cugino Vincenzo detto il Toro, perché la moglie gli metteva le corna e non erano corna qualunque, erano manganellate di cazzo passate dal cugino Mimmo detto Mimmuzzo. Zio Pepè, noto perché scorreggiava senza ritegno, un giorno a furia di scorreggiare si cagò addosso; da quel momento fu chiamato “Merdina”. Compare Cirillo, detto “Stuzzicadenti”, perché aveva il coso corto e sottile. Ma anche Milano aveva i suoi personaggi a cui lui stesso, l’autore del libro, dava dei soprannomi. Qui conosce Lella, detta la “porcella”, grande scopatrice, Culuz, detto il “Birmano”, che si innamora di Guido, un italiano focoso e aprono una Trattoria denominata “I grandi Culinari”. Rosetta, detta “Rosy gola profonda”, perché faceva dei lavoretti di bocca meravigliosi. Un libro ironico e graffiante che a volte ci fa divertire, ma anche riflettere e pensare.