Tre le opere e tre le storie, ma uno solo il filo conduttore. Un unicum artistico, insomma. Sin dal titolo, questa pièce prima di Mario Longobardi ci rivela il suo carattere di narrazione, oserei dire, metafisica. Sì, perché il racconto prescinde dalla realtà della natura, dai suoi reali rapporti e leggi e crea quasi un’altra realtà, in cui soggetti, oggetti e azioni acquistano un significato nuovo, tutto suggestivo. La sfera emozionale si riduce, i gesti trasmettono segnali dal senso spesso impenetrabile, l’oggetto perde il suo valore funzionale e tutto diventa sempre più illogico. Si capovolge ogni criterio di verosimiglianza con la realtà e sono messi in scena personaggi che rompono il nesso logico con l’azione, esprimendo il vuoto attraverso un linguaggio senza significato, fatto di parole e gesti frammentati.